Sono Anna, ho 30 anni e lavoro come psicologa per Fondazione ANT.
Per me lavorare con ANT è una preziosa occasione per rinnovare la relazione che c’è tra un assistito e chi se ne prende cura. La distanza si accorcia e viene colmata da una mano sempre tesa.
La professionalità si sveste del “professionalismo” e l’unico camice che mi piace indossare è il desiderio di umanità.
L’accoglienza cambia prospettiva: il paziente apre la sua porta e concede l’accesso ad una parte intima e protetta della propria realtà. E’ necessario lasciare che mi accolga per iniziare a camminare l’uno accanto all’altro fino a quando mi sarà concesso, in un percorso spesso doloroso e poco lineare. La relazione che si instaura è il vero pilastro portante.
Anche e soprattutto durante il periodo del lockdown è stato importante continuare a mantenere viva la relazione assistenziale e offrire, oltre all’ascolto professionale, anche la possibilità di creare una rete che permettesse di sentire la costante presenza di qualcuno pronto a sostenerti e a non farti sentire solo e abbandonato nel dolore.
La vera ricchezza di ANT è rappresentata dall’incontro reciproco e dall’intreccio di storie che testimoniano in che modo, nel cuore della sofferenza, al confine con la morte, si possa sfiorare la parte più nuda, più bella e preziosa della vita.
Ognuno può fare la sua parte!
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