Premessa: non è la solita parola anglosassone buttata lì per fare i fighetti.  Pur conoscendola realtivamente poco, sono stato sempre affascinato dalla lingua inglese, dalla sua complicata semplicità, dalle sue parole composte che, in base al contesto in cui sono inserite assumono significati simili ma anche profondamente diversi.

Questo mio scritto poteva intitolarsi “i parenti stretti” ma il titolo non avrebbe reso assolutamente l’idea. Vediamo perchè:

La parola è composta da:

 “care” dal verbo  “to care”= dare, ma anche “to care about”=prendersi cura di – “we care about you”= ci teniamo a te, ti vogliamo bene, ci preoccupiamo per te, noi teniamo a te…

“giver” dal verbo “to give”= dare  “giver”=colui che da

Ed ecco che , con una minuscola licenza poetica:

CAREGIVER =DONATORE DI ATTENZIONI

In questo caso ammettiamo la sconfitta della lingua di Dante e passiamo al racconto:

Le  21.30 di una serata pre-natalizia, Dicembre 2019: stavo andando con Elena, ad una serata di gospel.

Squilla il cellulare: rispondo un po’ infastidito, non saranno mica quelli del Pronto Intervento che “rompono” proprio ora…”ciao sono Elena (il medico di base di mia sorella, mi si aggroppa subito lo stomaco) io e Miranda ti dobbiamo dire una cosa, lei NON TE LO VOLEVA DIRE  ma mi sembra giusto che tu lo sappia, ma non ti preoccupare, dovrà poi fare ulteriori accertamenti, sono cose che si possono curare,le medicina è andata avanti bla bla bla: ogni parola uno stiletto che affonda sempre più nel cuore, credi che non abbia capito? Nostra madre è morta di tumore al seno 32 anni fa.

Miranda: “ciao, non volevo disturbarti proprio stasera, ma Elena ha insistito perchè te lo dicessi,   che probabilmente ho un tumore al seno, ma non preoccuparti, ho già preso appuntamento al Bellaria per gli accertamenti. Buona serata a Te e a d Elena”

Ecco, lei era così:

mi voleva un bene esagerato, mi sopravvalutava, mi sosteneva, era il mio angelo custode.

Siamo arrivati in teatro, abbiamo preso posto, ma io avevo la morte dentro.

Alle prime note son dovuto uscire, mi son messo da solo nell’anticamera a sfogare il mio dolore , le mie premonizioni (32 anni passati, e il cuore ancora sanguinante). Un addetto mi chiede se voglio un bicchier d’acqua: “no grazie, ora mi passa”.

Me la devo far passare, so già cosa mi toccherà, ma soprattutto cosa dovrà affrontare mia sorella.

E ha solo me come parente stretto.

Da stasera divento caregiver.

Dovrò conciliare la cosa con la malattia autoimmune di mio figlio, la presenza come marito e padre (c’è anche Serena, la mia primogenita), la partita IVA, il mio socio, il lavoro a volte asfissiante…

Mi sento schiacciare, credevo di avere già un notevole carico sulle spalle, e invece il destino ha calato l’asso di briscola.

Comincia il doloroso percorso, visite, controlli, chemioterapia…poi, a complicare tutto all’ennesima potenza arriva il maledetto Coronavirus.

Miranda è un soggetto fragile, mio figlio è un soggetto fragile…

Adotto un rigido personale protocollo di prevenzione, conseguentemente Miranda passa da una vita sociale piena ed intensa, con tanti amici intorno musica , teatro, cene…si trasforma in una reclusa.

Sola ad affrontare il suo incubo.

Credo che anche quello abbia contribuito al progredire inesorabile della malattia.

Nonostante il lockdown io posso spostarmi, ho un lavoro che mi autorizza a farlo, e ne approfitto per portarle la spesa, per andare da Lei ogni giorno a portarle un po’ di conforto (pur col dolore di non poterla abbracciare per consolarla, di dover usare solo le parole, che però mi vengono meglio per iscritto, maledetta la mia emotività) per accompagnarla a fare le chemio, e ai controllo periodici.

Speriamo, speriamo tutti e due, perchè nonostante la diagnosi parlasse di grado e stadio piuttosto avanzati, è la speranza l’unica cosa a sostenerci nei momenti difficili, e purtroppo lo so fin troppo bene.

Ma non dimentico l’esageratamente forte stretta di mano dell’oncologo del Bellaria alla lettura del primo esito, i suoi occhi stranamente e poco professionalmente lucidi: mi stava comunicando qualcosa che non ho potuto ignorare, e che purtroppo…

Non dimentico gli sguardi della Dottoressa ai colloqui, le parole schiette che le chiedevo privatamente anche se non avrei mai voluto sentirle.

E la rabbia per quella maledetto tumore che imprigionava anche me nei suoi artigli, impedendoci una vita normale.

Qualche sporadico giretto in moto strappato a tutti gli impegni, pieno di sensi di colpa ma consapevole di dovermi ricaricare un po’ le pile, che già scarseggiavano, se volevo essere utile a Miranda e alla mia famiglia.

I rimorsi quando dovevo fare il duro per farle prendere i farmaci, quando avrei solo voluto abbracciarla e piangere con Lei.

La scelta inaffrontabile di costringerla contro la sua volontà ad  un ricoverero “di sollievo” in hospice, luogo di fine vita ma pieno di persone speciali che la aiutarono a ritrovare l’orizzonte perso in un momento di disperazione. E poter vivere i suoi ultimi 2 mesi a casa, in relativa serenità, pur nel tormento di un dolore che a tratti violentava ogni tipo di terapia.

L’affetto, il sincero affetto di tutto il personale di hospice Bentivoglio,  DAy Hospital Oncologico e  Casa della Salute dell’Ospedale di Budrio, a loro vada tutta la mia riconoscenza.

La preziosa assistenza domiciliare ANT, sia benedetto colui che ebbe questa intuizione, l’oncologo Prof. Pannuti

E l’affetto dei suoi tanti suoi amici, alcuni anche amici miei, che non appena allentate un pochino le briglie del nostro protocollo anti-covid sono stati di nuovo amorevoli presenze nel suo fine vita

E le cugine, le colonne che mi hanno sostenuto nei momenti di assoluta emergenza.

La mia famiglia e il mio Socio, sostenitori nella mia latitanza.

Insomma, ci sarebbero un sacco di persone da ringraziare, perchè , come è giusto che sia, nei momenti difficili poi si scopre che in giro c’è molta più umanità di quanto ci raccontino i social.

Ma vorrei con questo scritto ABBRACCIARE TUTTI I CAREGIVER che in questo momento stanno combattendo a viso aperto, muso duro, orecchie basse le maledette malattie che hanno colpito i loro cari.

NON VI ARRENDETE, MAI !!

Roberto