Pannuti: È il momento di ragionare su nuovi modelli assistenziali
e sull’integrazione tra Terzo Settore e pubblicoI dati della convenzione sperimentale tra Fondazione ANT e ASL di Bologna
Intervenuta ieri (giovedì 12 maggio) al convegno “Torniamo alle cure” promosso da Cittadinanzattiva nell’ambito di ExpoSanità, Raffaella Pannuti, presidente di Fondazione ANT, ha condiviso i dati relativi alla convenzione sperimentale sottoscritta con la ASL di Bologna per l’assistenza domiciliare ai pazienti oncologici, esempio virtuoso di modello per la sanità del futuro.
Il progetto esprime come l’integrazione tra sanità pubblica e Terzo Settore possa davvero costituire un modello di valore per colmare le disuguaglianze di salute.
Infatti, dal 1989 esiste una convenzione tra la Asl di Bologna e Fondazione ANT per la presa in carico dei pazienti oncologici in fase avanzata di malattia che è stata recentemente ampliata anche a chi è nelle fasi più precoci di malattia, proprio per andare incontro alle crescenti esigenze dei pazienti che sempre di più hanno bisogno di cure supportive e di early palliative care anche durante la terapia oncologica.
Non possiamo continuare a lamentare la mancanza di medici, personale sanitario e fondi. Usciamo da due anni di pandemia e siamo dentro una guerra: dobbiamo pensare che le risorse umane e finanziarie sono esaurite – ha commentato Pannuti – Per riuscire ad avere una sanità integrata per tutti, è il momento di ragionare davvero su nuovi modelli assistenziali e sull’integrazione tra Terzo Settore e pubblico che permetta un contenimento dei costi.
Entrando nel dettaglio dei dati, nell’anno 2021 ANT ha attivato, in accordo con la Asl, 558 nuove assistenze domiciliari per pazienti in cure supportive – il 15,8% del totale degli assistiti ANT a Bologna.
Sul numero complessivo dei pazienti sono state effettuate dai medici ANT 6.326 visite domiciliari per la valutazione degli effetti collaterali dei trattamenti oncologici, per la terapia del dolore, per trasfusioni, nutrizione parenterale, ecc.
Le visite domiciliari infermieristiche ANT effettuate per fleboclisi, medicazione CVC/PICC, medicazioni semplici/complesse, clisteri e gestione delle stomie sono state 5.961.
I prelievi sono stati complessivamente 4.451 mentre le consegne a domicilio di farmaci sono state 1.552.
Dopo un mese dall’inizio dell’assistenza, è stato proposto ai pazienti un questionario, condotto attraverso la piattaforma Survio, allo scopo di comprendere quanto le cure fornite al domicilio abbiano risposto ai bisogni dei pazienti e dei loro familiari e influito positivamente sulla loro qualità di vita.
Su 308 questionari inviati al 31 dicembre 2021, ANT ha ricevuto 130 risposte, pari al 42%.
Di queste, il 62% provengono da donne con un’età media 69 anni. I pazienti che hanno risposto al questionario vivono soli nel 26% dei casi, con partner per il 40%, con i figli per il 9%, con una badante nell’8 %.
Il 72% dei pazienti che hanno risposto, ritiene che essere assistito direttamente a casa propria abbia permesso un risparmio economico a se stesso o alla persona che lo o la sta aiutando.
Gli intervistati stimano tale risparmio mensile medio in circa 57 € (range da 3 a 300 euro) riferiti per la maggior parte a costi diretti non sanitari (trasporti, ecc).
Inoltre, l’11% stima un risparmio superiore ai 100 €.
Il 57% degli intervistati dichiara di presentare difficoltà fisiche o motorie che rendono complicato e/o faticoso recarsi in ospedale o in ambulatorio per le visite mediche, infermieristiche o per i prelievi.
Relativamente ai costi indiretti sostenuti dalle famiglie, l’84% dei pazienti rileva la necessità dell’aiuto di un familiare o amico che lo accompagni alle visite in ospedale e in ambulatorio.
Il 71% dei familiari segnala di dover cambiare le proprie abitudini quotidiane per accompagnare il paziente alle visite, e di questi il 70% è costretto a cambiamenti nell’attività lavorativa (richiesta di permessi, assenze, restrizione dell’orario, ecc).
Rispetto alla possibilità di essere assistito a casa propria, limitando così la necessità di recarsi alle visite in ospedale/ambulatorio, il 95% degli intervistati ritiene che questo abbia migliorato l’impiego del suo tempo e il 94% ritiene che questo abbia avuto un impatto positivo sulle proprie energie fisiche e/o emotive.
Tra questi, il 41% degli intervistati pensa che il suo tempo e le sue energie possano essere dedicati ad altre attività di tipo lavorativo, e il 65% ad altre attività più piacevoli, come hobby oppure alla compagnia di familiari e/o amici.
Il 46% preferirebbe per esempio dedicare il suo tempo ai propri familiari (accudire i nipoti, prendersi cura dei figli, fare passeggiate con il proprio partner), il 30% preferirebbe coltivare i propri hobby (leggere, guardare un film, cucire, giardinaggio, enigmistica, viaggiare).
Il 26% preferirebbe dedicare il proprio tempo ad altre attività(fare sport, prendersi cura della propria persona, prendersi cura della casa, fare passeggiate, rilassarsi, fare la spesa, andare in parrocchia, fare visita agli amici, fare volontariato).
Un dato molto significativo riguarda l’opinione degli intervistati circa la preferenza per visite ed esami a domicilio, anziché in ambulatorio o in ospedale, anche quando la pandemia da virus Covid-19 sarà rientrata, come ha dichiarato il 90% dei pazienti.
Possiamo quindi affermare che la pandemia da Covid-19 non abbia direttamente provocato la necessità di potenziare le cure domiciliari, ma abbia semplicemente messo in luce un bisogno che si fa sempre più pressante al di là della pandemia.
Da quanto emerso, possiamo inoltre sottolineare l’efficacia e la sostenibilità del setting domiciliare, spesso preferito dai pazienti.
Non bisognerebbe, infine, sottovalutare l’opportunità offerta dalla telemedicina, opportunità che può tradursi in una maggiore equità nella distribuzione delle risorse, oltre che ad un monitoraggio pressoché costante del paziente seguito a domicilio.
Considerando poi i dati demografici sull’anzianità e lo stato di salute della popolazione italiana, risulta della massima importanza intercettare la domanda economica e sociale di anziani spesso soli e ammalati, con scarse disponibilità economiche e senza aiuto, traducendola in un’offerta di servizi di sostegno, prioritariamente presso l’abitazione e sul territorio.
Oltre ad assicurare loro una migliore qualità di vita, ciò permetterà di evitare che la condizione di svantaggio si trasformi ed esploda come domanda sanitaria dalle dimensioni insostenibili.