Raffaella Pannuti in Commissione Affari Sociali alla Camera

Risorse, non solo parole per mettere in rete le realtà del Terzo Settore con la Sanità pubblica

 

Le realtà del Terzo Settore devono essere messe in rete con la Sanità pubblica non solo a parole, ma con risorse: solo così sarà possibile affrontare in maniera tempestiva e flessibile un’eventuale e probabile recrudescenza del virus nel prossimo autunno.

 

Così Raffaella Pannuti, presidente di Fondazione ANT, è intervenuta martedì 28 luglio durante l’audizione della Commissione Affari Sociali della Camera sulla situazione dei pazienti affetti da patologie oncologiche durante l’emergenza epidemiologica da Covid-19. Pannuti, che ha partecipato insieme a Francesco De Lorenzo, presidente della Federazione italiana delle Associazioni di volontariato in oncologia (Favo) ed Elisabetta Iannelli, vice-presidente dell’Associazione italiana malati di cancro (Aimac), ha ripercorso gli ultimi mesi di lavoro di ANT e ragionato sui provvedimenti da adottare per i prossimi, delicatissimi, mesi.

 

L’attività ANT di assistenza sanitaria gratuita a casa dei malati di tumore in undici regioni italiane offre uno spaccato molto completo, da Nord a Sud, sulla situazione dei pazienti oncologici. In oltre quarant’anni di attività abbiamo assistito più di 137.000 persone, 9.000 nel solo 2019: di queste solo il 55% in convenzione con le ASL, il resto è sostenuto dalle donazioni di privati cittadini e aziende. A marzo, ci siamo trovati da un momento all’altro catapultati in una nuova situazione. Inizialmente abbiamo avuto grande difficoltà nel reperimento dei DPI e abbiamo provveduto ad acquistarli in autonomia. Se da un lato la raccolta fondi ha riscontrato pesanti limitazioni, dal punto di vista sanitario ci siamo da subito attivati, attenendoci alle linee di indirizzo ministeriali per i pazienti oncologici. Abbiamo operato da subito potenziando telemedicina, limitando gli accessi alle situazioni più urgenti, fornendo istruzioni e sostegno ai caregiver e addestrando gli operatori, che ricordiamo sono professionisti retribuiti e non volontari.

 

Nei primi quattro mesi del 2020 i pazienti in carico ad ANT sono stati oltre 1600, il 64% dei quali in cure palliative, i restanti per cure di supporto. In molte aree, penso per esempio a Pesaro, Lecce e Milano, le richieste di assistenza hanno raggiunto picchi molto alti, dovuti alla chiusura di diversi reparti, alla paura di rivolgersi alle strutture e alla sospensione delle terapie di supporto: se non ci fosse stata ANT, che è intervenuta sul territorio dimostrando una grande flessibilità, migliaia di malati di tumore non avrebbero saputo a chi rivolgersi.

 

Aggiungo che dei 200 sanitari ANT operativi sul territorio italiano, solo tre si sono ammalati di Covid, fortunatamente in modo non grave: questo significa che il modello messo in atto ha davvero funzionato, permettendo un’ottimale gestione a domicilio dei pazienti fragili, proteggendo gli operatori e al contempo contribuendo a alleggerire la pressione sugli ospedali.

 

Alla luce di questi risultati vorrei quindi lanciare una proposta: un coordinamento nazionale o regionale che stabilisca un modello operativo in cui il non profit sia integrato veramente, con risorse adeguate, nella Sanità Pubblica e che possa rispondere tempestivamente alle esigenze delle persone. Come sancito dall’articolo 55 del Codice del Terzo Settore (e ribadito di recente da una sentenza della Corte Costituzionale), la strada da percorrere per un coinvolgimento attivo degli enti del Terzo Settore da parte delle amministrazioni pubbliche, anche a livello regionale, è quella della co-programmazione, co-progettazione e accreditamemento. 

 

ANT è nata dall’iniziativa privata di un gruppo di volontari ma, come la Sanità pubblica, ha a cuore il bene comune. Non va sottovalutato il lavoro degli enti del Terzo Settore che, come il nostro, hanno saputo dimostrare nello spazio e nel tempo professionalità, sostenibilità economica e un impatto positivo e concreto sulla vita delle persone malate e delle loro famiglie. Il tutto con una gestione delle risorse economiche che consente risparmi rilevantissimi per la comunità. Come dico spesso “no a una sanità pubblica per pochi, sì a una sanità integrata per tutti”.