Fondazione ANT Italia Onlus

Ti voglio bene Mamma, sempre

Un caldo sole primaverile le batteva sul viso stemperato da una frizzante brezza marina. Ascoltava in silenzio le onde muoversi sinuosamente tra gli scogli. Un piccolo granchio aveva appena fatto capolino proprio vicino al suo piede. Da piccola aveva passato tutte le estati in quella caletta, col retino in mano, cercando di catturare minuscoli pesciolini e fantasticando di un mondo di sirene e mostri marini. Mamma Anna sedeva sempre in quel piccolo angolo della spiaggia in penombra dove si poteva rilassare e nel frattempo controllare l’operato di Sara e dei suoi quattro fratelli. A fine giornata lei e la mamma rimanevano con i piedi in acqua a vedere il tramonto, mano nella mano.
Certo Sara poi era cresciuta, prima ragazza, poi donna. La mano della mamma sembrava non servirle più. Dopo l’università era partita per il Nord, Bergamo era diventata la sua casa ormai da 30 anni. Era la paladina dei deboli, costantemente in battaglia contro banche e finanziarie per difendere i diritti dei risparmiatori o delle piccole imprese. Aveva una bella villa, una bella famiglia ed un cane di nome Giacomo.
Quella vita era ancora lì ad aspettarla ma al momento l’aveva messa da parte ed era tornata al Sud, in paese, lì c’era bisogno di lei.
Scrollò la sabbia dai piedi, indossò i suoi sandali e gli occhiali da sole e si diresse in macchina verso casa.
L’ appartamento dei suoi genitori era su due piani di cui il primo a livello strada. Le pareti erano in pesante tufo bianco, così fresco d’estate che non c’era bisogno del condizionatore. Nell’angolo della scala c’era ancora il segno di quando Angelo, suo fratello, era caduto cercando di nascondersi dalle ire di mamma Anna dopo che le aveva sottratto furtivamente metà focaccia appena sfornata e pronta da portare a mare.
Salì le ripide scale con passo leggero e veloce lasciando un pó di sabbia sui gradini.
Anche quella mattina dal letto la mamma nel vederla le fece un gran sorriso e le chiese della spiaggia. Anna amava il mare, la sabbia tra le dita, il sale sulle labbra. Se solo avesse potuto tornare, anche solo una volta in quella caletta, che gioia sarebbe stata!
Entrambe sapevano che con la malattia era difficile, rischioso per colpa di un drenaggio messo in maniera miracolosa da un abile chirurgo, pericoloso perché le scale di casa erano strette e ripide ed Anna si sentiva sempre più stanca e non sapeva se ce l’avrebbe fatta. Ne parlavano quasi come di un sogno impossibile. Era inizio Maggio, tra un pó sarebbe stato il giorno della mamma.
Qualche giorno prima Sara aveva chiamato la dottoressa.
Da quando avevano attivato l’assistenza domiciliare avevano parlato a lungo della situazione della mamma, delle complicazioni, della logistica. Si era aperta con lei e con l’infermiere, l’avevano più volte rassicurata sulle sue capacità, incoraggiata e supportata.
“Dottoressa voglio portare la mamma a vedere il mare, vorrei che potesse mettere i piedi sulla sabbia, magari in acqua, almeno per una volta”.
“Sara ne abbiamo parlato, potrebbe essere pericoloso, dobbiamo evitare che cada, che si infetti il drenaggio”.
“Dottoressa è per la mamma. Ha fatto tanto per noi, ci ha cresciuti mentre lavorava in bottega con papà 16 ore al giorno, ci ha fatto studiare, la conosce, è una combattente. Se si potesse… almeno una volta”
“Va bene Sara, capisco. Faremo il possibile”.
Sentì suonare alla porta. Quasi come se li avesse chiamati col pensiero entrarono Dottoressa ed infermiere carichi di buste e con una carrozzina al seguito. Gianni, l’infermiere, dopo un caldo saluto si recò subito al capezzale di Anna e iniziò con perizia a medicare il drenaggio, disinfettarlo e proteggerlo.
Le spiegò che avevano studiato un modo per consentirle di andare a mare, forse anche fare un passettino in acqua. Mentre lui procedeva, Marina la dottoressa, le illustrò il piano d’azione. Avevano trovato un saliscale in prestito, con l’aiuto dei suoi fratelli avrebbero potuto portarla al piano inferiore. Certo, una volta portata giù avrebbero dovuto trasferire il letto al piano terra per evitare ulteriori rischi ma non importava. Grazie alla carrozzina avrebbero potuto portarla in spiaggia e la medicazione avrebbe assicurato che il drenaggio non si sarebbe tolto nè infettato almeno per il tempo necessario. Avevano dovuto studiare come fare, ordinare il materiale alla farmacia ospedaliera ed attendere che arrivasse, ma erano qui per lei e la mamma e avevano una soluzione.
Come se fosse stata magia dopo 30 minuti di preparazione la mamma era in macchina. Sara ed Anna si incastrarono in una panda rossa con la carrozzina al seguito. I fratelli l’avrebbero raggiunta a breve ma quel viaggio era suo e della mamma.
Arrivarono a mare, ormai erano le sei di pomeriggio. Era ancora caldo ma la spiaggia era quasi vuota. Sara portò Anna fino all’inizio della spiaggia, la carrozzina non poteva andare oltre. Si chinò in ginocchio per bloccare uno dei freni, le tolse le scarpe per consentirle di sentire la sabbia sotto i piedi ed,ad un tratto, sentì la sedia muoversi.
Anna si era alzata da sola, non succedeva ormai da due settimane. Lo stupore prese il sopravvento sulla paura.
Le afferrò la mano. Sembrava così piccola e fragile eppure così forte.
A piccoli passi arrivarono a riva, misero insieme i piedi in acqua ed, in silenzio, guardarono il tramonto.
Per un momento Sara tornò bambina, la mano nella mano della sua mamma.
Sentì Anna stringergliela forte.
Si scambiarono un sorriso .
Sara sussurrò: “Ti voglio bene Mamma, sempre”